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Auguri e tanti diritti COSTITUZIONE FEDERALE ANNI DELLA 175

Auguri e tanti diritti

Edito dal Museo nazionale svizzero Museo nazionale Zurigo S AND S T E I N V ERL AG COSTITUZIONE FEDERALE ANNI DELLA 175

4 T5 I ND I CE Denise Tonella: Prefazione U 6 Erika Hebeisen, Michael Kempf: Introduzione U 10 Josef Lang: La libertà di religione: un ospite straniero nelle nostre valli U 15 Martin Lengwiler: La salvaguardia della sfera privata, tra protezione dello Stato e protezione dallo Stato U 23 Susanne Bennewitz: La prima volta che gli ebrei svizzeri ottennero la cittadinanza U 31 Numa Graa: L’evoluzione delle garanzie procedurali nel diritto costituzionale federale U 39 Vanessa Rüegger: I diritti fondamentali nella Costituzione svizzera: la libertà di stampa, la libertà di opinione e la libertà artistica U 47 Helen Keller: L’europeizzazione della Costituzione federale svizzera U 55 Jacqueline Grigo: La libertà di chi? La controversia sul velo islamico in Svizzera U 63 Regula Argast: La Costituzione federale come correttivo delle decisioni arbitrarie in merito alla naturalizzazione U 69 Debjani Bhattacharyya: Un diritto fondamentale al freddo per la Svizzera? U 77 Schede biografiche delle autrici e degli autori U 84 Letture consigliate U 86 Colophon U 88

ER I K A HEB E I S EN | M I CHA E L K EMP F Introduzione In occasione del 175° anniversario della Costituzione federale, il Museo nazionale augura alla Svizzera cento di questi «diritti»! Con una mostra e questo volume ripercorriamo la storia dei diritti fondamentali che oggi sono riconosciuti e garantiti dalla Costituzione federale svizzera. Se alcuni di essi comparivano già nella prima Costituzione del 1848, la maggior parte sono stati aggiunti in un secondo tempo, e molti hanno operato anzitutto come diritti non scritti. Sin dall’inizio la Costituzione federale svizzera poteva agevolmente essere sottoposta a revisione; la parte più cospicua degli attuali diritti fondamentali vi fa il suo ingresso con la revisione totale del 1999. 175 anni fa la prima Costituzione della Svizzera moderna non è stata inventata da una commissione, né è caduta dal cielo; aveva invece modelli eminenti e più coraggiosi, primi tra tutti la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, elaborata durante la Rivoluzione francese, e la Costituzione americana. La Costituzione federale svizzera ha visto la luce del giorno soltanto dopo un parto duro e difficoltoso e non si può affatto dare per scontato che potesse avere successo e sopravvivere: la sua diretta antenata, di gran lunga più ambiziosa, ovvero la Costituzione della Repubblica elvetica, era riuscita a resistere a malapena cinque anni, intorno al 1800, mentre il Patto federale del 1815, che regolava l’alleanza tra i Cantoni sovrani, non rappresentava una Costituzione democratica. Di fatto, la democrazia svizzera ha mosso i primi passi nei Cantoni liberali all’inizio degli anni Trenta dell’Ottocento, nonostante una Costituzione federale progettata dai liberali nel 1832 fosse clamorosamente fallita, passando alla storia come «un tentativo abortito». Nei quindici anni seguenti i conflitti confessionali vanno inasprendosi all’interno della Confederazione, così come il contenzioso tra conservatori e liberali intorno al fondamento politico della futura Svizzera, che nel novembre del 1847 sfocia nella cosiddetta guerra del Sonderbund. I Cantoni che si erano alleati nel Sonderbund avrebbero forse potuto impedire l’esperimento liberale nel centro

10 T11 d’Europa con l’aiuto dei principi e dei monarchi dei Paesi che circondavano la Svizzera, se costoro non si fossero trovati a loro volta alle prese con rivolte liberali. Risparmiata da interventi militari esterni e grazie a una vittoria rapida delle truppe federali, il 17 febbraio 1848 una commissione costituzionale si mette al lavoro a Berna. Disposta a trovare un compromesso, essa riesce in un lasso di tempo ragionevole a redigere una bozza costituzionale in grado di raccogliere i consensi della maggioranza. Il testo viene approvato con l’aiuto di procedure di voto non del tutto ineccepibili e, il 12 settembre 1848, entra in vigore la prima Costituzione federale svizzera. Con il suo sistema bicamerale la Costituzione va incontro ai federalisti e getta le basi di una democrazia che, per il momento, è rappresentativa. I cattolici conservatori, che hanno perso la guerra del Sonderbund, si mantengono inizialmente lontani dalla politica federale di Berna. La forza trainante sono i liberali, che devono ora tradurre le proprie V Nel 1832, per la prima volta dopo il fallimento della Repubblica elvetica, i liberali elaborano una Costituzione federale democratica, che nell’immagine viene svilita e liquidata come un «aborto». Sullo sfondo, a destra, sono rappresentati illustri liberali nel ruolo di ostetrici. In primo piano, al centro, essi si riuniscono per un «battesimo d’emergenza» del neonato, a cui il disegnatore conservatore non dà nessuna possibilità di sopravvivere. Ludwig Adam Kelterborn (attribuito a), caricatura della revisione del Patto federale del 1815, ca. 1833, litografia su carta | Museo nazionale svizzero

conquiste costituzionali in una prassi politica. Allo stesso tempo, i movimenti liberali radicali prima e quelli socialisti poi hanno manifestato i propri interessi: la pressione politica da loro esercitata ha convertito quella che fino al 1891 è stata una democrazia rappresentativa per uomini cristiani in una democrazia semidiretta per quasi tutti gli uomini. Cinque dei contributi contenuti in questo volume ci riportano a questo periodo, politicamente movimentato, della fondazione del giovane Stato federale, occupandosi prevalentemente di diritti fondamentali ante litteram e di una questione capitale: a chi sono estesi questi diritti? Chi può partecipare alla formazione della volontà politica? Insieme ad altre minoranze più ridotte, tutte le donne in Svizzera così come tutti gli uomini ebrei restano escluse ed esclusi dal diritto di voto e di eleggibilità; Il contributo di Susanne Bennewitz mostra come l’emancipazione della popolazione ebraica abbia ricevuto scarso sostegno dalla società e come, per questa ragione, l’uguaglianza giuridica abbia stentato a svilupparsi. Con l’inclusione nella partecipazione alla vita politica di fasce più ampie di cittadini, la libertà di stampa è il diritto fondamentale più importante contenuto nella Costituzione federale del 1848: nel suo testo ad essa dedicato, Vanessa Rüegger ricostruisce il percorso che va dal divieto della censura alla libertà artistica come un potenziamento graduale della libertà dei media. La prima Costituzione svizzera garantisce inizialmente la libertà religiosa soltanto alle due confessioni cristiane: il contributo di Josef Lang spiega perché ciò è accaduto e quanto fragile fosse tale libertà per le altre comunità religiose. Martin Lengwiler esamina le modalità con cui si è formata la consapevolezza in merito alla tutela della privacy, spiegando quale sfera privata sia considerata degna di protezione. Nell’ultimo contributo di questa sezione, Numa Graa si lancia alla ricerca dei primi accenni di processi equi nel diritto penale, che vengono integrati nella Costituzione federale negli ultimi decenni del XX secolo, sotto la spinta dell’europeizzazione della giurisprudenza svizzera. Per oltre 120 anni lo Stato federale è rimasto una democrazia di e per uomini. Le donne svizzere hanno ottenuto il diritto di partecipare alla vita politica soltanto nel 1971 con l’introduzione del suffragio universale. Prendendo le mosse da questo grande passo verso

12 T13 la democratizzazione del Paese, la mostra e questo volume affrontano il modo in cui si sono sviluppati i diritti fondamentali entrati poi nella Costituzione del 1999, oggi in vigore. Ratificando la Convenzione europea dei diritti dell’uomo nel 1974, la Svizzera si inserisce in un sistema giuridico di livello superiore: da quel momento le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU) di Strasburgo, unitamente alla giurisprudenza del Tribunale federale e alle iniziative popolari, vengono a rappresentare una sorta di Costituzione in fieri. Nel suo contributo, Helen Keller spiega in che modo i diritti fondamentali europei si sono concretamente fatti strada nella Costituzione federale, mentre Regula Argast, con un esempio tratto dalle procedure di naturalizzazione negli anni Sessanta del secolo scorso, mostra quali sono le ideologie che si oppongono alla partecipazione politica della popolazione straniera e i loro effetti in Svizzera, che si fanno sentire tutt’oggi. Jacqueline Grigo riflette invece su come la libertà di religione non si applichi allo stesso modo a tutte le comunità religiose, anche alla fine del XX secolo, e lo fa richiamandosi alle discussioni politiche e ai dibattiti giuridici sul velo delle donne musulmane. Come dimostrano i contributi raccolti in questo volume, la Costituzione federale svizzera è in grado di rispondere ai cambiamenti sociali proprio perché può essere rivista e completata. Questo sarà necessario anche in futuro, quando si tratterà di cercare un accordo, in modo democratico, su questioni politiche controverse: la popolazione straniera residente – che oggi corrisponde a un quarto di tutte le persone che vivono in Svizzera – dovrebbe poter partecipare alle decisioni politiche? Quali elementi deve e non deve contenere una Costituzione per garantire la libertà di religione per tutte e tutti? Come si può convincere i giganti della tecnologia a rispettare la privacy della propria utenza? O ancora: come si può affrontare in maniera adeguata la crisi climatica a livello costituzionale? È in questa prospettiva che va intesa la domanda di Debjani Bhattacharyya, che dà il titolo al contributo che chiude questo volume: la Svizzera ha forse bisogno di un diritto al freddo?

Cst. 1874, art. 49. La libertà è inviolabile di credenza e di coscienza

14 T15 J O S EF L ANG La libertà di religione: un ospite straniero nelle nostre valli Nel giugno del 1870 il Consiglio federale scriveva nel suo messaggio sulla revisione totale della Costituzione federale: «L’idea della libertà di religione è nata nella terra libera d’oltreoceano; è tornata nella vecchia Europa come un ospite straniero, al quale si guarda con grande sospetto, e da lì è arrivata, solo in un secondo momento, nelle nostre valli». La Svizzera era sì «la terra della libertà politica», ma la «libertà religiosa» era rimasta «da sempre molto limitata dalla legge e dalle consuetudini». Già la Costituzione federale del 1848 aveva anteposto la libertà politica alla libertà di religione; essa aveva tuttavia perlomeno stabilito l’uguaglianza delle confessioni e dei cittadini cristiani. Ciò significa che le cattoliche e i cattolici potevano ottenere la libertà di domicilio, la libertà di credo e i diritti politici nei Cantoni protestanti, così come le e i protestanti li ottenevano nei Cantoni cattolici. Quanto ciò rappresentasse un progresso notevole lo dimostra la massiccia campagna di opposizione dell’estate del 1848: a Uri, un ex Landamano avvertì che «in futuro i protestanti avrebbero potuto predicare per le strade di Altdorf»; nella Landsgemeinde di Nidvaldo si affermò che «i cattolici sarebbero passati sotto il dominio dei protestanti». A Zugo, membri del clero profetizzarono che «i cattolici avrebbero dovuto rinnegare la propria fede e diventare protestanti». La difesa della propria confessione da coloro che professavano una fede diversa, come accadeva anche nelle regioni protestanti, rappresentava un motivo importante per il quale la partecipazione alla vita comunale era resa difficile ai numerosi nuovi arrivati, donne e uomini. La sostituzione o integrazione dei Comuni patriziali da parte dei Comuni di residenti, che ebbe luogo dopo la prima revisione totale della Costituzione federale, rafforzò le relative minoranze confessionali. Le moderne istituzioni garantivano l’uguaglianza religiosa meglio di quelle tradizionali. Nelle regioni conservatrici

16 T17 rimaneva il grande problema dell’impronta lasciata dalla Chiesa sull’insegnamento nelle scuole elementari: per questa ragione il nuovo articolo sulla scuola, contenuto nella Costituzione federale del 1874, promuoveva anche la libertà e la tolleranza religiosa e obbligava i Cantoni a offrire un tipo di insegnamento che potesse essere frequentato da chiunque, «senza comprometterne la libertà di credo e di coscienza». Altri progressi erano stati fatti già in precedenza attraverso le leggi federali: l’Assemblea federale abrogò nel 1851 le regolamentazioni cantonali che ostacolavano il matrimonio tra sposi di confessioni diverse e, in seguito, la Costituzione federale del 1874 approvò il matrimonio civile e il diritto del divorzio. L’esclusione delle ebree e degli ebrei svizzeri da tutti i diritti qui citati rappresentava una delle maggiori debolezze della Costituzione federale del 1848. Nel Canton Argovia, dove viveva un buon terzo delle e dei 4216 ebree ed ebrei allora residenti in Svizzera, il tentativo di concedere loro pari diritti venne respinto con forza nel 1862. Il portavoce più importante del movimento di protesta antisemita Mannlisturm era anche a capo della Società piana, così chiamata in onore dell’allora papa Pio IX. I princìpi programmatici della lotta contro l’emancipazione della popolazione ebraica erano i seguenti: «Gli ebrei non possono essere nostri concittadini e connazionali. Storicamente, la Svizzera è la patria dei cristiani». Dopo aver stabilito l’uguaglianza degli ebrei argoviesi a livello politico, la Confederazione era chiamata a realizzarla a sua volta. Nel gennaio del 1866 ebbe luogo una votazione sulla prima revisione parziale della Costituzione federale. Mentre la libertà di domicilio e la parità dei diritti per gli ebrei furono accolti dalla maggioranza, la loro libertà di credo e di culto fu respinta di misura. Nella Svizzera centrale circa l’80% degli aventi diritto al voto si espressero con un «no». La libertà religiosa ebraica diventò così una questione fondamentale nel dibattito che si sarebbe prodotto in seguito sulla revisione totale della Costituzione. Un Consigliere agli Stati urano vi si oppose con una formulazione che suona straordinariamente moderna: «La Svizzera dovrebbe essere uno Stato cristiano oppure cosmopolita?». Il 19 aprile 1874 due terzi della popolazione maschile si espresse a favore di uno Stato federale secolare, con una partecipazione dell’82%. V I due principali punti controversi nella lotta per lo Stato federale erano i monasteri e l’ordine dei gesuiti. Dal punto di vista dei liberali, essi contribuivano ad aggravare la scissione confessionale del Paese. La caricatura, opera di un cattolico liberale, mostra un gesuita che infervora i fedeli. Martin Disteli, La predica del fanatico, progetto per un fazzoletto, Soletta, ca. 1834, disegno a penna e acquerello. | © Musée d’art et d’histoire, Ginevra, fotografo: André Longchamp

18 T19 Nel contesto del Kulturkampf, per separare l’appartenenza religiosa da quella civica, venne inasprita l’interdizione dei gesuiti, già inserita nella Costituzione del 1848; venne proibita l’attività anche di singoli membri dell’ordine. La creazione di nuovi conventi fu vietata e fu decretata l’ineleggibilità degli ecclesiastici al Consiglio nazionale e federale, mentre la creazione di nuove diocesi doveva essere autorizzata dalla Confederazione. Questi articoli d’eccezione erano in contrasto con una concezione liberale della libertà di religione, V Appena vent’anni dopo essere stata riconosciuta nella nuova Costituzione federale del 1874, la libertà religiosa della popolazione ebraica viene nuovamente limitata quando la prima iniziativa popolare in assoluto viene accettata nel 1893. La caricatura mostra come nella campagna in vista della votazione, di stampo antisemita, viene ripresa anche la leggenda dell’omicidio rituale. Caricatura sul divieto della macellazione rituale, Nebelspalter, vol. 19, fasc. 33, Zurigo, 19. 8. 1893 | Nebelspalter, Zurigo V Tra il 1835 e il 1875 il cattolico liberale Augustin Keller è stato una figura fondamentale nella lotta per uno Stato federale laico. Nel 1841 ha proposto la soppressione dei conventi argoviesi e quella dell’ordine dei gesuiti nel 1844. Negli anni Sessanta dell’Ottocento si è impegnato affinché la popolazione ebraica ottenesse la parità dei diritti e per questa ragione la loggia ebraica fondata a Zurigo nel 1907 porta il suo nome. Ritratto di Augustin Keller, Kunstanstalt C. Knüsli, Zurigo, cromolitografia su carta | Museo nazionale svizzero

Cst. 1999, art. 29 al. 1 In procedimenti dinanzi ad autorità giudiziarie ... ognuno ha di diritto alla ed parità equità trattamento

38 T39 NUMA GR A A L’evoluzione delle garanzie procedurali nel diritto costituzionale federale L’attuale Costituzione svizzera contiene, oltre ai diritti fondamentali dell’individuo, numerose garanzie procedurali, in particolare per quanto riguarda le procedure giudiziarie (articoli da 29 a 32). Prima del 1999, la maggior parte di questi diritti non erano sanciti in modo esplicito nella Costituzione svizzera: ciò non significa, tuttavia, che i tribunali non ne abbiano tenuto conto già in precedenza. La Costituzione federale del 1848 menzionava a malapena garanzie procedurali e diritti fondamentali. Era ad esempio previsto che il Tribunale federale dovesse giudicare alcune cause penali – di cui facevano parte, in particolare, i delitti politici – mediante la partecipazione di una giuria. Le Corti delle Assise, che nel frattempo sono state abolite, erano considerate all’epoca come una garanzia per una buona amministrazione della legge, poiché in ultima analisi erano controllate dai cittadini, come accadeva da lungo tempo anche in Inghilterra e, dopo la rivoluzione, anche in Francia. La Costituzione garantiva inoltre a tutti l’accesso ai tribunali del proprio luogo di domicilio (articolo 53), con lo scopo di vietare la creazione di tribunali straordinari, come quelli che erano stati istituiti in alcuni Cantoni dopo i disordini politici degli anni Quaranta dell’Ottocento – come era avvenuto ad esempio in Vallese nel 1844. Dopo la disfatta dei liberali della «Giovane Svizzera» nella battaglia del Trient, infatti, i conservatori vittoriosi avevano creato un tribunale straordinario – il tribunale centrale – che giudicava in materia di reati politici, reprimendo così l’opposizione. In seguito, è stato l’articolo 4 della Costituzione federale a ricoprire un ruolo importante nell’elaborazione delle garanzie procedurali. In origine l’articolo doveva garantire soprattutto l’uguaglianza politica, assicurando il rispetto dei diritti civici, che in linea di massima spettavano a tutti i cittadini di sesso maschile.

La Costituzione federale del 1874 ha ampliato di poco la lista dei diritti procedurali, tuttavia ha trasformato il Tribunale federale in un’istituzione permanente, che giudica le violazioni dei diritti costituzionali dei cittadini, una competenza che fino ad allora era stata riservata al Consiglio federale e all’Assemblea federale. A partire dal 1877 il Tribunale federale ha, per esempio, riconosciuto quale diritto fondamentale la possibilità, da parte dei cittadini, di intraprendere azioni legali, proclamando che il rifiuto da parte delle autorità di fornire giustizia ai cittadini viola il principio della parità di trattamento. Negli anni seguenti il Tribunale federale ha desunto dall’articolo 4 anche il divieto di emettere sentenze arbitrarie, per il

V Il 25 maggio 1844 avviene un massacro nei pressi di Trienbach, in Vallese, dopo che i liberali, sull’onda delle spedizioni dei Corpi Franchi, hanno impugnato le armi contro il governo cattolico conservatore. I sopravvissuti vengono processati di fronte a un tribunale speciale: simili procedimenti giudiziari, condotti dalle autorità, vengono vietati dalla Costituzione federale del 1848. Martin Disteli (attribuito a), Il combattimento di Trient, 1844, litografia | Museo nazionale svizzero quale le decisioni che corrispondono a un rifiuto di applicare la legge devono essere interpretate come una violazione del diritto costituzionale. Qualche tempo dopo, il Tribunale federale ha addirittura stabilito che una parte indigente ha diritto a una procedura gratuita, derivando questa garanzia procedurale dal principio della parità di trattamento, e che l’accesso a un tribunale o l’assunzione di determinate prove non devono essere negati a tale parte indigente poiché essa non è in grado di farsi carico dei costi. A poco a poco, il Tribunale federale ha concesso alle parti il diritto di essere ascoltate – in particolare nelle procedure civili e penali – prima che venga emessa una decisione che le riguarda. Tale diritto

42 T43 V Il Tribunale federale supplisce in parte alle carenze delle sentenze emesse dai Tribunali cantonali. In questo modo viene a crearsi una certa uniformità nel panorama composito della giurisprudenza svizzera. Fino al XXI secolo non esiste, in Svizzera, una maniera omogenea di condurre i processi. Palazzo del Tribunale federale, album fotografico di Peter e Ruth Herzog, Losanna, agosto 1912 | Museo nazionale svizzero V Il liberale tedesco Ludwig Snell arriva in Svizzera in qualità di rifugiato politico. È stato lui a introdurre, il principio per il quale una persona accusata è da ritenersi innocente finché non viene condannata. Il principio della presunzione di innocenza è assente nella Costituzione federale del 1848. Carl Friedrich Irminger, ritratto di Ludwig Snell, Zurigo | Museo nazionale svizzero presuppone che gli accusati possano esaminare i documenti procedurali e in particolare quelli da cui si può desumere l’identità dei testimoni che sono stati interrogati. La Corte suprrema ha pure richiamato l’attenzione sul fatto che un accusato non può essere giudicato se non è stato invitato in modo legalmente valido al dibattimento, per potersi difendere. Di decisione in decisione, il Tribunale federale ha plasmato il diritto delle parti di essere ascoltate, sino a fargli acquisire la sua forma attuale, così come prevista dalla Costituzione federale del 1999 per qualsiasi procedimento giudiziario o amministrativo (articolo 29). Oggi questo diritto consente a tutte le parti coinvolte in una procedura giudiziaria di esprimersi su di essa prima di una sentenza, di esaminarne gli atti, di presentare prove rilevanti oppure di ricevere una motivazione del giudizio emesso. A differenza delle Costituzioni del 1848 e del 1874, la Costituzione federale del 1999 contiene disposizioni che limitano l’azione dello Stato nelle cause penali: è questo il caso dell’articolo 31 sulla pri­

Cst. 1999, art. 38 al. 1 della cittadinanza per origine, matrimonio e adozione La Confederazione disciplina l’acquisizione e la perdita

68 T69 REGU L A ARG A S T La Costituzione federale come correttivo delle decisioni arbitrarie in merito alla naturalizzazione In Svizzera la cittadinanza consta della cittadinanza federale, cantonale e comunale, con i Comuni che ricoprono un ruolo fondamentale nel processo di naturalizzazione ordinaria. Ciò comporta il rischio che vengano prese decisioni arbitrarie o discriminatorie in materia di naturalizzazione, decisioni di cui i diritti fondamentali garantiti nella Costituzione federale rappresentano un importante correttivo. In un freddo mattino invernale del 1963 la ventenne Vittoria Zanetti (nome di fantasia), candidata alla naturalizzazione, si presenta dinanzi alla commissione del legislativo del Comune patriziale di Basilea. Vittoria è nata e cresciuta a Basilea; suo padre proviene dall’Italia, sua madre da Basilea. Come il padre, la candidata è cittadina italiana; dopo aver frequentato le scuole basilesi ha completato una formazione di assistente dentale. L’autorizzazione federale di naturalizzazione è stata ottenuta; due inchieste condotte dall’ufficio del Comune patriziale, gli attestati di lavoro e le informazioni ricavate dai conoscenti di Vittoria non hanno prodotto nessun risultato pregiudizievole. Vittoria Zanetti deve rispondere alle domande di undici membri, donne e uomini, della commissione del Comune patriziale, nella cornice dell’antico e venerando municipio di Basilea. I membri della commissione siedono a un tavolo, ancora immersi nella conversazione. La candidata «non è sicura», per un «periodo di tempo considerevole», «se l’esame ‹ufficiale› sia già iniziato» – così si apprenderà, in seguito, dagli atti di ricorso contro il rifiuto della domanda di naturalizzazione inoltrati dall’avvocato di Vittoria Zanetti al Consiglio di Stato basilese e al Tribunale federale, dell’aprile e dell’ot­

70 T71 tobre 1964. All’improvviso un membro femminile del consiglio patriziale pone la prima domanda: vuole sapere se Vittoria Zanetti «è a conoscenza della ragione per cui delle donne sono sedute in questa sala». L’interpellata risponde, in modo un poco vago, che il motivo «ha qualcosa a che fare con il suffragio femminile». Di fatto, il 7 dicembre 1958 le cittadine di Basilea avevano ottenuto il diritto di voto e di eleggibilità nei Comuni patriziali. La «donna che ha posto la domanda», sempre stando agli atti, reagisce alla risposta di Vittoria «con acidità». La «donna in questione, membro del consiglio patriziale» sembra inoltre «sentire la necessità di mangiare cioccolatini, che prende da un sacchetto di fronte a lei». Un altro membro della commissione patriziale vuole sapere come si arrivi «a Olten o a Lucerna». Vittoria risponde in maniera spontanea: «Seguendo le indicazioni stradali». Segue un botta e risposta. Il membro della commissione: «Ci va a cavallo?» Zanetti: «No, con l’automobile». Di nuovo il membro della commissione: «Che cosa? Ha pure un’automobile?» (N. d. T.: in svizzero tedesco nel testo originale). La domanda di naturalizzazione viene respinta; la motivazione ufficiale recita, secondo il paragrafo 2d della legge sulla cittadinanza patriziale basilese allora vigente: «stile di vita notoriamente dissoluto». Quello di Vittoria Zanetti è uno dei circa venti casi in cui, tra il 1950 e il 1969, gli stranieri che si erano visti rifiutare la richiesta di cittadinanza nel Cantone di Basilea-Città avevano presentato ricorso contro tale decisione. Si trattava di immigrate e immigrati di prima e seconda generazione, con cittadinanza tedesca e italiana. Per tutte le persone sotto i quarantacinque anni domiciliate nel Cantone da quindici anni sussisteva il diritto di richiedere la naturalizzazione gratuitamente. Il paragrafo 2d era un relitto risalente al 1902. All’epoca la Confederazione e Cantoni come Basilea, Zurigo e Ginevra volevano facilitare il procedimento di naturalizzazione. Visto il numero sempre crescente di residenti stranieri, bisognava promuovere la loro integrazione civica. Il tentativo di introdurre uno ius soli a livello federale intorno al 1900 era sì fallito, ma il Cantone di Basilea-Città aveva esteso il diritto alla naturalizzazione gratuita, già esistente, e introV Il Cantone di Basilea-Città ha rifiutato la domanda di una giovane italiana che voleva ottenere la naturalizzazione negli anni Sessanta. La candidata, infatti, è «nata e cresciuta a Basilea, dove ha frequentato le scuole e trovato un impiego» e ha «parenti, amici e conoscenti a Basilea»: per il Consiglio di Stato basilese, però, tutto ciò non basta come «prova rigorosa» della sua «assimilazione». Archivio comunale, Comune patriziale di Basilea C 1,6 diritto di cittadinanza, questioni singole e generali, ricorsi | Staatsarchiv Basel-Stadt

72 T73 dotto il diritto di ricorso alla decisione sulla naturalizzazione con una legge sulla cittadinanza del 19 giugno 1902. Tra i criteri che potevano determinare il rifiuto della domanda di cittadinanza figurava, come già accadeva nella legge del 1879, quello dello «stile di vita notoriamente dissoluto». Se lo stile di vita di una persona fosse stato considerato palesemente «dissoluto», ciò avrebbe impedito la naturalizzazione. Questo paragrafo era stato interpretato in modo sempre più ampio da quando il termine «inforestierimento» si era affermato anche nella politica di naturalizzazione del Cantone di Basilea-Città, dopo la Prima guerra mondiale. Per questa ragione, nella sua presa di posizione del 24 novembre 1964 sul caso Zanetti, diretta al Tribunale

V Il 5 dicembre 1961 Elisabeth Vischer-­ Alioth tiene un discorso in qualità di decana del legislativo del Comune patriziale (oggi Consiglio patriziale) nella sala riunioni del Consiglio comunale. Tre anni prima, le cittadine basilesi avevano ottenuto il diritto di voto e di eleggibilità a livello comunale. Hans Bertolf, Erstmals Frauen im Bürgerrat, National-Zeitung, Basilea, 6. 12. 1966 | BSL 1013 1-1746 5 | Staatsarchiv Basel-Stadt V Nel 1963, in questa antica sala, l’italiana di seconda generazione deve affrontare le domande della commissione del Comune patriziale. La sua domanda di naturalizzazione viene respinta. In seguito il Comune patriziale della Città di Basilea motiverà il rifiuto asserendo che la candidata «non è legata in maniera sufficiente al suo Paese adottivo». Sala del Consiglio patriziale nel municipio di Basilea | AL 45, 4-33-5 | Staatsarchiv Basel-Stadt

La Costituzione federale svizzera festeggia i suoi 175 anni. In occasione di questo importante anniversario, il Museo nazionale svizzero presenta una mostra dedicata al valore dei diritti fondamentali. I nove contributi contenuti in questo volume d’accompagnamento alla mostra propongono una serie di riflessioni su quando, come e perché alcuni diritti fondamentali abbiano potuto affermarsi.

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